di Andrea Gilli
Stando al Corriere della Sera, il Washington Post sta facendo un concorso per trovare American next pundit. Il nuovo editorialista d’America. La notizia sembrerebbe riguardare più l’ambito della società più che l’analisi politica che qui ad Epistemes cerchiamo di fare. La notizia ci sembra, però, meritoria di maggiore attenzione.
Ricapitoliamo brevemente alcuni dati.
I quotidiani italiani sono tutti sussidiati in maniera vergognosa.
Sui quotidiani italiani, con rare eccezioni, più che trovare le opinioni di luminari che mettono a disposizioni la loro conoscenza per la comunità, troviamo invece mediocri commentatori il cui prestigio deriva unicamente dal fatto di scrivere su certi quotidiani. In altre parole, in tutto il mondo, i giornali chiamano degli esperti per dare credibilità al giornale stesso. In Italia, il giornale chiama degli illustri ignoti (nel campo scientifico) per dare loro credibilità. Ecco come mai, per esempio, Alberoni parla di società sul Corriere della Sera, mentre il più importante sociologo italiano, Alessandro Pizzorno, è sempre stato ignorato. Ecco come mai, a scrivere di politica internazionale, troviamo Lucio Caracciolo o Vittorio Emanuele Parsi, mentre persone tipo Stefano Guzzini o Carlo Masala sono totalmente ignoti al grande pubblico. Ecco perchè a parlare di Europa troviamo Barbara Spinelli e non Stefano Bartolini.
La ragione è presto detta: i giornali riflettono i rapporti di forza della politica. La politica esprime questi rapporti di forza tramite i suoi sussidi ai quotidiani. I giornali quindi finiscono non per informare il pubblico ma per servire il loro cliente principale: il Parlamento. E quindi a commentare l’economia, la società, la politica questi non chiamano la scienza, ma piuttosto personaggi a metà tra la politica e la scienza. E soprattutto, sempre disposti a presentare analisi che vengono apprezzate da una parte politica.
Queste osservazioni, si badi, valgono lungo tutto lo spettro politico e attraverso tutti i giornali. L’unico campo che, negli ultimi anni, ha osservato qualche cambiamento è stato quello economico, nel quale, non senza fatica, al posto dei Bragantini, dei Narduzzi, e dei Quadro Curzio, abbiamo progressivamente visto salire i Tabellini, Zingales, Alesina, Giavazzi. Persone che non necessariamente e sempre hanno ragione, ma che almeno hanno le competenze e le credenziali per dare delle opinioni.
Tutte queste parole, per ragionare brevemente su tre punti.
1. Sarebbe possibile immaginare in Italia un qualcosa di simile a quanto sta facendo il Washington Post?
2. Quanta libertà di informazione assicura l’attuale sistema della carta stampata?
3. Sabato si terrà a Roma una manifestazione sulla libertà di stampa in Italia. La questione dei sussidi è davvero scollegata dalla libertà di informazione?
Alle domande 2 e 3 risponde il nostro articolo del gennaio 2006. Alla prima domanda rispondiamo con un altro esempio. Il mensile americano Foreign Policy, recentemente, ha chiamato alcuni dei più importanti studiosi americani (provenienti da tutte le scuole, così da avere una pluralità di opinioni) perchè questi tenessero un loro blog sul suo sito. I nomi parlano da soli: Stephen M. Walt, Peter Feaver, Aron Friedberg, Philip Zelikov. Guardate chi ha un blog sui siti dei giornali e delle riviste italiane.
Una replica a “Sussidi, quotidiani, libertà e informazione”
A proposito di blog, ho notato con molto piacere che Oscar Giannino aveva invitato il tuo (scusa il "tu" ma ti leggo dai tempi di 2Twins ) collega Mario Seminerio a scrivere su Libero Mercato dopo aver letto alcune sue interessanti analisi sul suo blog (http://phastidio.net/2009/02/28/saluto-ai-lettori… Senza quel blog Mario probabilmente non avrebbe mai scritto su Libero Mercato.
Discorso simile vale per Giovanni Boggero (anche lui se non sbaglio ospite di Epistemes.org) che se non avesse aperto il suo blog Germany News ora di certo non starebbe scrivendo su numerosi quotidiani sia on-line che cartacei. Sarei curioso di sapere se quest'ultimo, semplice studente di giurisprudenza, starebbe ora scrivendo articoli sulla Germania per quotidiani come il Riformista e Think-Tanks come l'Aspen Institute Italia se non avesse messo in mostra le sue capacità e conoscenze attraverso il suo blog.
Quello che voglio dire è che se in USA lanciano dei concorsi per avere i migliori giornalisti/opinionisti in Italia, dove se mandi un CV è già difficile che ti rispondano, il blog sta (forse) diventando un importante strumento per scovare nuovi giovani talenti sparsi per l'Italia, che altrimenti non verrebbero mai notati.
Tu nel tuo articolo hai accennato ad alcuni validi economisti come casi eccezionali nello scenario italiano (in realtà però anche loro sono o sono stati legati in qualche modo alla politica magari come consulenti di qualche governo), ebbene hai notato che quasi tutti quelli da te citati scrivano su LaVoce.info?
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