Ancora sul JSF

di Andrea Gilli

Mentre i problemi che affliggono lo sviluppo del JSF, da parte americana, continuano a crescere, in gran parte sia per la scarsa trasparenza intrinseca nell’intero processo di sviluppo di sistemi d’arma in America, che per il particolare meccanismo utilizzato in questo caso (come avevamo ricordato in precedenza), in Italia leggiamo affermazioni a proposito del programma che ci lasciano non poco perplessi.

E’ questo il caso della recente intervista al Gen. Bernardis, Sottocapo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, rilasciata alla Rivista Aeronautica. Tre punti, in particolare, meritano attenzione.

In primo luogo, per il Sottocapo di Stato Maggiore, è assolutamente logico che l’Aeronautica Militare (AM) acquisti diversi veivoli della versione STOVL (short take-off and vertical landing). Per i meno esperti, quella in grado di decollare e atterrare come un elicottero. A noi, onestamente, così logico non sembra. La giustificazione apportata è di tipo logistico. Traduciamo quanto dice il Gen. Bernardis: la versione STOVL sarebbe particolarmente adeguata nel caso in cui il JSF dovesse essere dispiegato in una missione all’estero, dove magari la disponibilità di un aeroporto adeguato può essere limitata o assente. Il nostro Paese fa fatica a schierare, per ragioni di politica interna, gli elicotteri Mangusta. E’ credibile che possiamo schierare i JSF? In secondo luogo, quando e in quale contesto ciò dovrebbe avvenire? Gli Stati Uniti non hanno mai – ripeto, mai – usato gli F-22, tanto in Afghanistan che in Iraq. E’ credibile che l’Italia possa aver bisogno dell’F-35 nelle sue missioni internazionali? Sembra quanto meno dubbio.

La seconda contraddizione che scorgiamo riguarda le capacità “net-centriche” del JSF. Non è la prima volta che, discutendo con alti comandi militari italiani, sentiamo parlare (e celebrare) i meriti delle specificità di Net-Centric Warfare. Spieghiamo brevemente di cosa si tratta. Secondo alcuni, negli anni Novanta avremmo assistito ad una Rivoluzione negli Affari Militari (RMA) per la quale il modo nel quale le guerre vengono combattute è cambiato radicalmente grazie all’introduzione dell’Information and Communication Technology (ICT). Premesso che non tutti convengono con questa interpretazione, stando ad essa la RMA sarebbe la teoria in grado di spiegare il funzionamento delle guerre moderne. La dottrina operativa della RMA è la Net-Centric Warfare. La NCW sarebbe cioè l’applicazione pratica ai concetti teorici della RMA.

La NCW si basa sullo sviluppo e la dotazione agli eserciti di strumenti tecnologici estremamente sofisticati in grado di migliorare esponenzialmente le capacità di C4ISR (Command, Control, Communications, Computerization, Intelligence, Surveillance and Recognition). In altri termini, si cerca di avere quella che si chiama “information-dominance”.  Clausewitz sostenne, in maniera celeberrima, che nelle guerre l’assenza di informazioni tempestive, accurate e distribuite inibirebbe enormemente le capacità operative degli eserciti. La NWC cerca esattamente di risolvere questo conflitto. Fornendo informazioni precise e tempestive, essa permetterebbe agli eserciti di essere più efficaci sia a livello tattico, che operativo, che strategico.

Il JSF è dotato di un’enorme vastità di sensori e piattaforme per la trasmissione di informazioni, e dunque è una punta di diamante per quanto riguarda l’applicazione tecnologica della dottrina del NWC. Il problema è che la sola disponibilità di informazioni non è una soluzione a sè stante. Americani e inglesi hanno sottolineato in diverse circostanze la questione. In breve, la disponibilità di maggiori informazioni, a tutti i livelli di combattimento, richiede la revisione delle dottrine militari, in quanto mette in discussione le relazioni tra livello tattico, operativo e strategico dando, allo stesso tempo, sia maggiore capacità di supervisione tattica al livello stratetegico, che maggiori informazioni operative al livello tattico. Ciò porta, per usare l’eufemismo coniato da P.W. Singer, alla nascita dei tactical generals. Perchè questo flusso maggiore di informazioni possa essere efficacemente sfruttato è dunque necessario sia che i comandi tattici possano avere maggiore autonomia decisionale, sia che i comandi strategici siano in grado di dialogare in real time con i comandi tattici. Altrimenti, più che information dominance, si ottiene solo information delusion: un flusso enorme, ininterrotto e ingestibile di comandi, informazioni, e segnalazioni nee quale ci si perde. E’ sorprendente, a proposito dell’Italia, che si dia attenzione solo al lato tecnologico della NWC, e non a quello umano e dottrinale. In secondo luogo, non sembra peregrino sottolineare che la NWC riguardi principalmente lo svolgimento di operazioni offensive. Operazioni che le nostre Forze Armate svolgono molto raramente.

La terza questione che ci sorprende riguarda le presunte capacità di ground-attack dell’Eurofighter Typhoon. Ci sorprende in quanto queste venivano di fatto negate in uno studio dello IAI, che avevamo analizzato nel nostro primo articolo sul JSF. Per sostenere la necessità tattico-operativa dell’F-35, lo studio dello IAI rilevava l’impossibilità di utilizzare il Typhoon per attaco al suolo. Dalla nostra parte, rilevavamo già allora come la conclusione fosse un po’ tirata per i capelli, visto che i vantaggi di attacco al suolo del JSF derivavano principalmente dalla tecnologia stealth (l’invisibilità). Tecnologia sulla quale ci sono non pochi dubbi (difatti il Typhoon monta un radar in grado di identificare il JSF). Il Gen. Bernardis rivede la posizione: sostiene semplicemente che il JSF abbia capacità di attacco al suolo superiori. Anche in questo caso, almeno una domanda, sembra ovvia: proibendo la nostra Costituzione l’uso del mezzo militare per risolvere le controversie internazionali, e non essendo l’Italia circondata da nemici agguerriti e intenzionati ad attaccarci, il JSF è davvero necessario in quelle dimensioni (131 veivoli)?


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