Multipolarismo e caccia ai talenti

di Andrea Gilli

Negli ultimi anni, due dibattiti separati hanno avuto una certa risonanza. A livello internazionale, si è parlato sempre più di multipolarismo. In altri termini, la fine dell’era egemonica americana (o comunque occidentale) e l’emergere di un’era nella quale altre Grandi Potenze giocano un ruolo centrale nello scacchiere internazionale. Dall’altra parte, specie in Italia, abbiamo sentito parlare di fuga dei cervelli. L’emigrazione massiccia delle migliori menti del nostro Paese .

Questi due fenomeni sembrano ora intrecciarsi. Sul Corriere.it di ieri, è infatti apparso un articolo nel quale si racconta dello shopping di medici che alcuni Paesi del Golfo persico stanno compiendo in Italia. Forti delle loro enormi ricchezze petrolifere e, dall’altra parte, del bisogno di dare assistenza sanitaria di primo livello alle loro élite (e non solo), questi Paesi stanno importando quel personale medico che non sarebbero in grado di formare nelle loro strutture. E vengono a prenderlo in Italia, dove la qualità della forza lavoro è alta ma gli stipendi sono bassi.

Il fenomeno è interessante per una serie di motivi. In primo luogo, oggi la migrazione di cervelli prende piede non solo verso Paesi più ricchi (GB, USA, etc.) ma anche in via di sviluppo: come appunto Emirati Arabi, Qatar, etc.

In secondo luogo, questa migrazione è favorita dalle vantaggiosissime condizioni di lavoro. Mentre in Italia gli stipendi dei lavoratori più qualificati sono compressi sia dalla tassazione che da forti distorsioni nel mercato del lavoro (su tutti, gli scatti di anzianità), all’estero sono ben contenti di prelevare le nostre menti migliori offrendo semplicemente i prezzi di mercato. Ciò suggerisce dunque che, fin quando in Italia i prezzi relativi dei lavori qualificati (il loro salario) saranno inferiori ai prezzi relativi internazionali, allora c’è da aspettarsi un peggioramento di questo trend.

Questa considerazione va ponderata con un altro elemento. Il multipolarismo di cui parlavamo prima. A crescere a tassi enormi non sono certo Qatar ed Emirati Arabi, ma soprattutto India e Cina (sulle quali, recentemente, è stata posta la fiducia per la crescita mondiale). Ciò che bisogna dunque tenere in considerazione è il fatto che i prezzi relativi internazionali dei lavoratori qualificati sono, verosimilmente, destinati a crescere, in quanto la domanda è destinata a crescere ulteriormente. Come rileva un rapporto di Accenture di alcuni anni fa, la crescita economica di nuove potenze, parallelamente al bisogno di lavoratori qualificati e, dall’altra parte, al declino demografico occidentale, porterà ad una vera e propria hunts for talents, caccia ai talenti, che si manifesterà principalmente nei campi dell’ingegneria, della chimica, della biologia, dell’informatica. Campi nei quali, inoltre, gli Occidentali sembrano sempre meno interessati a specializzarsi.

Ricapitolando, in futuro, non solo i nostri lavoratori più specializzati avranno fortissimi incentivi ad emigrare. Incentivi che, ricordiamo, sono destinati a crescere. Ma anche i lavoratori specializzati che importiamo saranno sempre più attratti da altre mete. Ciò riguarda l’Italia, ma anche il resto dei Paesi Occidentali. Se dunque l’offerta rischia di ridursi, la domanda è destinata a crescere vertiginosamente.

Questo è il multipolarismo economico. E questa una delle sue conseguenze. Bisogna iniziare a prenderne atto. Anche con politiche che inizino a eliminare le distorsioni del mercato del lavoro in italia, dove salario e produttività sono nettamente scollegati. Il rischio è di diventare un esportatore netto di cervelli. E con uno dei tassi di natalità più bassi al mondo, ciò significa portare a realizzazione il famoso slogan elettorale inglese del 1992: l’ultimo che lascia l’Italia, si ricordi di spegnere la luce.


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