di Andrea Gilli
A pochi giorni dalla fine degli scontri di Mumbai, la retorica anti-islamica ha raggiunto picchi onestamente inimmaginabili. In un precedente articolo avevamo cercato di contrastarla, ma a quanto pare l’onda è cresciuta in maniera smisurata. Poiché ci è impossible contro-argomentare a tutti i miti spacciati in questi giorni per verità soverchianti, ci soffermiamo su un unico solo punto: la presunta aggressività storica dell’Islam.
In una recente intervista rilasciata al Foglio, il prof. Franco Zerlenga, con una frase, riassume perfettamente la leggenda che ci proponiamo di smentire:
“Vi volete mettere in testa che ci hanno dichiarato guerra, o no? […]. E’ tutto molto chiaro, non da ieri, ma da circa quattordici secoli”.
Detta in altri termini, l’Islam si sarebbe sempre espanso, esportando morte e distruzione fin dalla sua prima ora. La minaccia rappresentata dalla religione islamica sarebbe dunque più che millenaria e l’Europa dovrebbe comprendere questa sfida esiziale posta alla sua sopravvivenza.
L’interpretazione è a tratti anche divertente. Ciò che è sicuro è che essa è errata.
Il prof. Zerlenga (di sicuro esimio studioso, del quale però su internet non si riesce a rintracciare neppure una pubblicazione accademica, né una citazione, né una menzione rilevante) guarda alla storia guardando dall’Europa, senza preoccuparsi di verificare se la sua interpretazione soffra di una qualsiasi bias ambientale, culturale o metodologico.
Il nostro punto di vista è abbastanza semplice. L’Islam si è certamente sempre espanso, portando guerra e morte, in alcuni casi, ma anche ricchezza e cultura, in altri. Ma la storia dell’Islam non differisce molto da quella di tutte le altre grandi civiltà, con forse l’unica eccezione dell’Induismo.
Contestare, da europei, l’aggressività islamica suona infatti un po’ paradossale, visto che l’Europa si è espansa arrivando non solo a conquistare di fatto quasi tutto il mondo, ma imponendo anche colonie, schiavitù, traffici forzati e numerose altre brutalità. Di sicuro l’Europa ha anche portato sviluppo, negarlo sarebbe miope. Ma altrettanto miope è negare la sua storia di espansione e colonizzazione. Storia che, si noti, non è estranea alla religione, visto che i francescani arrivarono fino in Cina e i gesuiti in Sud America. Nel primo caso, non potendo fare affidamento sull’hard power, i francescani si affidarono al soft power, nel secondo caso, i gesuiti fecero invece affidamento sulla violenza – avendone i mezzi.
Qui non vogliamo colpevolizzare l’Europa, ma piuttosto notare quanto questi pattern di espansione siano abbastanza comuni. D’altronde, la Russia non ne è certo estranea e così anche la Cina. Se Mosca ha esteso il suo controllo fino all’Est Asia, al Caucaso e in gran parte dell’Est Europa, nel corso dei secoli, la storia cinese ci racconta di un impero che ha esteso il suo controllo su tutto il territorio oggi conosciuto come Cina fino ad avventurarsi, poi, via mare, un po’ in mezzo mondo.
Ad un indiano, a un filippino o ad un sudanese che si dicesse che l’Islam si è sempre espanso verrebbe molto naturale rispondere che, in realtà, ad essersi sempre espansa è stata l’Europa, prima attraverso il colonialismo poi, durante la guerra fredda, con il dislocamento di basi militari e il sostegno ad ogni tipo di regime in tutto il mondo – a meno che quell’espansione non venga vista come naturale, dovuta e legittima (chiara manifestazione di euro-centrismo nostalgico e paternalista – dal quale un’autorità intellettuale come il prof. Zerlenga e’ certamente immune).
L’ultimo elemento che ci pare necessario rilevare riguarda la discrasia tra sfera ideale e materiale. Zerlenga, e tanti con lui, parlano di espansione dell’Islam. In realtà, ad essersi sempre espansi sono gli imperi di religione islamica. In riferimento all’impero inglese, portoghese, spagnolo, olandese o francese, noi non parliamo di espansione del Cristianesimo. Lo stesso dovremmo fare con l’Islam. Questo punto è importante per non fare confusione prima analitica e poi politica con le sfide che ci troviamo ad affrontare.
L’Islam, per espandersi, ha sempre avuto bisogno di forti imperi. Nessuno, nella storia, ha contato sulla sfera ideale per poter conquistare il mondo. Una religione, senza una base territoriale, un esercito e un buon governo, non rappresenta minaccia alcuna. La storia della religione cattolica sembra abbastanza indicativa. Finito il potere temporale, il Vaticano e’ stato limitato alla predicazione, da allora anche la minaccia che esso rappresentava all’autorità degli altri stati o alle altre religioni è venuta improvvisamente meno.
La minaccia è rappresentata dalle dotazioni materiali, non dalle idee. L’Occidente attua da decenni una sapiente strategia volta a prevenire la crescita di Grandi Potenze, in primis in Medio Oriente. Quando il terrorismo islamico ci colpisce, non facciamo altro che pagare un costo delle nostre politiche. Dall’altra parte, dobbiamo anche essere consci che l’alternativa sarebbe molto più costosa.
6 risposte a “La minaccia dell’Islam(?)/2”
Salve.
Concordo appieno con entrambi gli articoli, tranne per un dettaglio:
“La minaccia è rappresentata dalle dotazioni materiali, non dalle idee.”
Senza idee non ci sono risorse materiali che tengano. Sono le idee che danno ad Hitler le SS, e sono le idee che tengono i tedeschi sotto il giogo di Hitler. Le dotazioni materiali vengono dopo, perché sono una conseguenza dell’organizzazione politica, che è a sua volta una conseguenza delle ideologie politiche.
Se l’islamismo fosse un’ideologia dominante tra gli islamici – e non lo è – sarebbe un problema notevolissimo.
Quando il 10-20% della popolazione europea credeva a idiozie come comunismo e fascismo ci sono state guerre civili, guerre mondiali e genocidi. In primis guerre civili, la versione pre-statale dei genocidi. Se il 10-20% della popolazione islamica facesse lo stesso nei Paesi Arabi, le loro istituzioni sarebbero in pessima salute – come ora. Se il 10% di una minoranza che è meno del 10% della popolazione (gli islamici in Europa) impazzisce, è solo un problema di ordine pubblico.
Al momento per noi quindi è solo ordine pubblico, ma le ideologie fanatiche hanno il potenziale per creare danni. E quando una parte cospicua di una popolazione non si fila più il governo non è l’esercito che può risolvere il problema. Almeno non senza una lunga e sanguinosa guerra.
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Guarda, se pensi che siano le idee a trainare il mondo, allora adotti una prospettiva costruttivista. Cambiando le idee, cambi il mondo.
Se guardi alla storia, c’e’ piu’ di una ragione per ritenere che cosi’ non si vada da alcuna parte. La Russia si e’ espansa per quattrocento secoli, prima usando la minaccia delle altre etnie, poi la chiesa ortodossa, poi il panslavismo, infine il comunismo.
Piu’ che un’idea che traina il mondo, mi sembra che il mondo si inventi un’idea per andare nella direzione che vuole.
Sulle ideologie come minaccia. Penso che conveniamo sul fatto che al-qaeda e’ una minaccia non per la sua ideologia, ma perche’ dispone di uomini e mezzi per portare a termine i suoi piani. Nel momento in cui distruggiamo i suoi mezzi, la minaccia non esiste piu’.
Ci sono migliaia di sette sparse in giro per il mondo che chiedono la distruzione del mondo, del capitalismo, della terra. Non le riteniamo minacciose non perche’ le loro idee non sono fanatiche ma semplicemente perche’ queste non hanno i mezzi per raggiungere i loro obiettivi.
Saluti, ag.
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“Guarda, se pensi che siano le idee a trainare il mondo, allora adotti una prospettiva costruttivista. Cambiando le idee, cambi il mondo.”
Non è logicamente necessario. Le idee sono “sticky”, non solo il frutto della volontà di qualcuno.
Se gli americani di oggi obbediscono alla Casa Bianca, invece di fare rivolte contro il suo strapotere, sono le idee che rendono ciò possibile. Non è che, saputo questo, domani gli americani improvvisamente torneranno alla Costituzione. Questo è un altro discorso.
Sono stati cambiamenti culturali, legati soprattutto alle due guerre mondiali e al New Deal, che hanno resto gli americani insensibili alla perdità di libertà che hanno subito nel XX secolo (a parte progressi come i diritti civili, il resto è stato un peggioramento, dal punto di vista dei principi dei Padri Fondatori).
E’ l’ideologia che è alla base dell’obbedienza politica, e, senza obbedienza politica, esercito, polizia e tribunali sarebbero irrelevanti, se non proprio impossibili. Hume diceva che è l’opinione che tiene in piedi i governi, ripetendo un’idea risalente al XVI secolo (de la Boetie).
Quando viene a mancare una comunanza di principi politici unificanti, si hanno guerre civili, come in molti episodi del XX secolo europeo.
“Piu’ che un’idea che traina il mondo, mi sembra che il mondo si inventi un’idea per andare nella direzione che vuole.”
Sì. Il governo controlla stampa e scuola e assume gli intellettuali apposta. Se le idee fossero irrilevanti, i faraoni non avrebbero bisogno di scribi e sacerdoti. Avrebbero i frombolieri, e basterebbero. (devo smetterla di giocare a Age of Empires).
I sensi di identità sono costruzioni artificiali (nei contenuti) che stimolano una innata tendenza a volersi sentir parte di qualcosa. Per quanto ne so, i fiamminghi sono stati creati nel XIX secolo, come i baschi e i catalani: prima esistevano, ma se ne fregavano. Non aveva “coscienza di classe”, per dirla alla Marx (fa ridere citarlo in una difesa del ruolo delle idee… principio antimarxista alla radice).
Quello che volgio sottolineare però è che il rapporto tra idee e potere non è unidirezionale. Un potere senza l’appoggio dell’ideologia vacilla. Un potere stabile tenderà a stimolare un’ideologia favorevole. Nel breve termine il potere è sempre in grado di influenzare le idee; nel lungo probabilmente domani la tendenza contraria. Un potere che non investe in idee è un potere morto, o moribondo.
L’islamismo non è solo una giustificazione retorica: è un’ideologia, recentissima (se si escludono i Wahhabiti, è del XX secolo), sfruttata da alcuni potenti (sauditi, Sadat, Khomeini) per i propri scopi. A volte sfugge di mano (Sadat). Sfugge di mano perché non è eteronoma rispetto al potere, ma ha una sua autonomia, che più ci si allontana dal breve termine più diventa rilevante.
E’ verissimo che l’ideologia è in genere solo l’oppio dei popoli: noi crediamo alla democrazia nonostante sia evidente che non abbiamo alcun controllo della politica; i russi si fanno derubare e sottomettere in nome della “russità”. Ma se è valido come strumento di manipolazione delle masse, è perché è rilevante. E se ogni tanto sfugge di mano al potere, è perché ha almeno in parte una dinamica autonoma.
“Penso che conveniamo sul fatto che al-qaeda e’ una minaccia non per la sua ideologia, ma perche’ dispone di uomini e mezzi per portare a termine i suoi piani. Nel momento in cui distruggiamo i suoi mezzi, la minaccia non esiste piu’.”
Certamente. Però, anche se distruggiamo i suoi fini sparisce la minaccia. Un’organizzazione richiede una volontà e dei mezzi. Che sia meglio colpire la prima o i secondi è questione di giudizio storico.
“Ci sono migliaia di sette sparse in giro per il mondo che chiedono la distruzione del mondo, del capitalismo, della terra. Non le riteniamo minacciose non perche’ le loro idee non sono fanatiche ma semplicemente perche’ queste non hanno i mezzi per raggiungere i loro obiettivi.”
Concordo appieno. Infatti distinguo tra i fanatismi che rappresentano solo problemi di ordine pubblico (come i pro-life ammazza-medici) e i fanatismi che sono un problema strategico (come nazisti, socialdemocratici, nazionalisti e comunisti nella Germania degli anni ’20). E’ questione di numeri: un’idea folle di mille persone è trattabile con camicie di forza; se è di un milione di persone no.
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[…] pare, con l’attentato di Bombay, certi vizi tornano a galla. Rimando a Epistemes (qui e qui) riguardo al ritorno di fiamma dell’anti-islamismo (le mie opinioni sono sovrapponibili), ma […]
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[…] da queste posizioni, è intervenuto sulla questione del pericolo islamico in due post (questo e questo) pubblicati su […]
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[…] = TERRORISMO? – Ultimamente ho letto due articoli molto interessanti di Andrea Gilli sul sito epistemes.org che cercano di confutare questo genere di […]
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