Il grand bargain dell’Onu

di Federico Niglia* – © Il Foglio

La difesa del multilateralismo è stata una delle priorità della politica estera di Massimo D’Alema. Questo governo ha marcato la discontinuità rispetto alla precedente amministrazione riaffermando la centralità delle Nazioni Unite come soggetto erogatore di legittimità internazionale. L’Italia ha inviato oltre duemila soldati al confine tra Israele e Libano nell’ambito della missione Onu Unifil II e ha profuso grandi energie per rilanciare la campagna per la moratoria della pena di morte, coronata da successo.
Questo impegno ha trovato un riconoscimento nell’ampio consenso che ha portato all’elezione dell’Italia a membro non permanente del Consiglio di Sicurezza per il biennio 2007-2008. Nonostante l’aspirazione al potenziamento dell’Onu, gli italiani mantengono una posizione conservatrice sulla riforma dell’organizzazione, e in particolare del Consiglio di sicurezza.

L’Italia ha deciso di opporsi a qualunque ipotesi di riforma che si traduca nell’ampliamento dei membri permanenti, in ossequio a una linea diplomatica assunta sin da quando l’ipotesi di un seggio europeo si rivelò impraticabile. Nel 2004, l’Italia ha esercitato una forte resistenza al tentativo, poi accantonato, di aprire le porte del Consiglio alla Germania.

La questione della riforma dell’Onu va però letta nel più ampio contesto della riforma delle regole del sistema multilaterale, la quale dipende anche dalla ristrutturazione delle istituzioni economiche e finanziarie internazionali (Banca mondiale, Fondo monetario internazionale e Organizzazione internazionale del commercio) e del G8. Un grand bargain sulla riforma dell’intera struttura istituzionale appare estremamente improbabile per la molteplicità degli interessi in gioco. Ciononostante alcuni paesi dell’Unione europea hanno iniziato a prendere la questione seriamente in considerazione.

Facendo proprio il richiamo europeo al “multilateralismo efficace”, Nicolas Sarkozy sta concentrando la propria attenzione sulle istituzioni finanziarie internazionali. Dopo essersi battuto per la nomina di Dominique Strauss-Kahn a direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale, il presidente francese ha preso posizione sui problemi che oggi affliggono l’economia mondiale, dal cambio euro-dollaro agli squilibri del commercio internazionale. In Germania Angela Merkel ha riaffermato, senza giri di parole, la responsabilità globale di Berlino. Questo si è tradotto in un’iniziativa diplomatica volta a favorire la partecipazione e il consenso dei paesi emergenti al riassetto del sistema multilaterale e nel rilancio della candidatura tedesca al seggio permanente in Consiglio di sicurezza.

A oggi le singole iniziative diplomatiche non sembrano convergere verso una comune piattaforma europea. Se però il trattato di Lisbona dovesse avere buona sorte, l’Unione europea potrebbe intervenire sui grandi dossier globali con maggiore incisività, e questo potrebbe favorire la definizione di una posizione comune sulla riforma delle istituzioni internazionali. La posizione italiana, così chiara e articolata sull’Onu, è oggi poco definita rispetto ai problemi di riforma delle altre istituzioni internazionali e in genere rispetto alla questione della governance multilaterale. La colpa non è attribuibile né al governo uscente né al precedente, quanto al disinteresse, tipicamente italiano, per le questioni di rilevanza non immediata e diretta per il paese.

L’Italia, che del rafforzamento delle prerogative di politica estera dell’Ue si è fatta paladina, rischia, paradossalmente, di essere vittima della nuova politica europea. In mancanza di una posizione propria sui temi globali, l’Italia rischia infatti di trovarsi costretta a intervenire sulle proposte avanzate dagli altri partner europei, con scarsi margini per variarne l’impostazione e la strategia. Non è certamente una prospettiva allettante, soprattutto se si vuole evitare che quanto finora fatto dalla nostra diplomazia in sede Onu e altrove vada perduto.

* Federico Niglia, dottore di ricerca in Storia d’Europa, è assegnista di ricerca presso la LUISS Guido Carli e Associate Fellow dell’Istituto Affari Internazionali (IAI). I suoi principali interessi di ricerca riguardano la politica estera italiana e i rapporti italo-tedeschi.


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