di Mario Seminerio – © Libero Mercato
Ségolène Royal, candidata socialista all’Eliseo sconfitta da Nicolas Sarkozy, da qualche settimana sta prendendosi una perfida rivincita. La fascinosa Ségolène ha infatti coniato per Sarkozy il nomignolo “Monsieur Taxes”. Non male, come nemesi: una esponente della sinistra che riesce ad accusare un liberale (per quanto alla francese, quindi sui generis per definizione) di essere in realtà un gabelliere. Eppure, questo soprannome non è frutto delle abituali e stucchevoli schermaglie politiche a cui noi italiani siamo ormai assuefatti. La Commissione Finanze dell’Assemblea Nazionale segnala un forte aumento nella velocità di creazione di nuove imposte. Dal 2002 ad oggi ben quindici nuove imposte sono entrate nella vita dei francesi, una dozzina delle quali solo negli ultimi tre anni. E addirittura, dall’inizio della tredicesima Legislatura, a luglio dello scorso anno, sono stati ben sei i nuovi prelievi istituiti, tutti con la inconfondibile firma dell’ipercinetico inquilino dell’Eliseo.
Tra essi, citiamo “l’eco-pastiglia”, un malus variabile tra 200 e 1600 euro sull’acquisto di veicoli ad elevate emissioni di CO2, come SUV e familiari. Tale balzello è atteso portare alle casse dell’Erario transalpino circa 470 milioni di euro. Il governo ha poi introdotto un contributo del 10 per cento sulle stock options da cui sono attesi altri 250 milioni di euro, destinati al finanziamento dell’assicurazione malattie. Per il sostegno dei nuclei familiari che versano in disagio economico ecco una sovraimposta sugli utili delle odiate compagnie petrolifere: gettito atteso 150 milioni. Di fronte ad una tale inflazione fiscale, cresce il malumore tra i parlamentari di maggioranza, anche dopo l’introduzione di una bella tassa del 2 per cento sul pesce per finanziare gli sgravi fiscali sul gasolio che avevano provocato gli scioperi dei marin-pecheurs bretoni, in soccorso dei quali Sarkozy è prontamente intervenuto, con la levata d’ingegno di ridurre la domanda di pesce attraverso l’aumento del prezzo che l’imposta provoca. Non male, come misura di sostegno mirato.
Ma la lista di imposte presenti e future non finisce qui: la ministra della Cultura ha proposto una bella tassa sui soggiorni alberghieri, mentre lo stesso Sarkozy ha vagheggiato un’imposta su emittenti televisive private, produttori di elettronica di consumo, pubblicità internet, allo scopo di finanziare l’abolizione della pubblicità sull’emittenza pubblica francese. Proposta che, manco a dirlo, ha suscitato il più vivo interesse dalle parti di Saxa Rubra. Vi facciamo grazia della celeberrima “Iva sociale”, che sembrava Sarkozy volesse introdurre dalla prima settimana del suo insediamento, ma che è poi stata accantonata sine die, dati gli elevatissimi rischi per i consumi che tale imposta presenta. Il protezionismo sotto mentite (e verdi) spoglie sembra essere la bussola di Sarkozy, che settimane addietro è giunto ad ipotizzare anche un’imposta ecologica da apporre sui prodotti provenienti da paesi che non rispettano i limiti imposti dal trattato di Kyoto. Si dirà che Sarkozy, in questo modo, ha scoperto le imposte pigouviane, quelle che colpiscono esternalità negative e, nel caso di specie, anche le importazioni da India e Cina. Ma il sempre più confuso Sarko ha poi fatto marcia indietro quando qualcuno gli ha fatto notare che India e Cina non hanno alcun obbligo di applicare i programmi di riduzione di CO2 previsti da Kyoto, ma hanno comunque firmato il Trattato, e in tal modo sarebbe rovinosamente caduto il presupposto ideologico della gabella protezionistica. Senza contare la guerra commerciale con gli Stati Uniti che una simile iniziativa provocherebbe, destinata ad essere cassata senza appello in sede di WTO.
Il sistema fiscale e sociale francese è riccamente ingemmato di oltre un centinaio di tasse ed imposte dirette di entità significativa. Come attenuante generica del sistema, si può dire che, mentre nuove tasse nascono, altre muoiono ed altre vengono abortite perché palesemente in contrasto con la normativa comunitaria o semplicemente perché troppo cervellotiche, come quella sui motorhome e quella sulle birre ad alta gradazione. Ma l’impatto sulla tolleranza fiscale dei francesi è pesantemente asimmetrico, e non potrebbe essere altrimenti, visto che la pressione fiscale ha toccato nel 2007 l’italico traguardo del 44 per cento. Il florilegio di tasse sembra avere la propria causa scatenante nella regoletta di bilancio imposta da Sarkozy, che prevede di bloccare il passo di crescita annua della spesa pubblica all’1,1 per cento fino al 2012. E così, non riuscendo neppure a scalfire una spesa pubblica tignosamente presidiata dai gruppi d’interesse, il governo è costretto alla rincorsa fiscale. Repetita iuvant: a noi questo Sarkozy sembra il fratellino casinista di Romano Prodi.
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