di Carmelo Palma*
Per i sostenitori della moratoria lo scandalo non è l’aborto, ma la maternità consapevole
Sono vere (nel senso empirico e non metafisico del termine) le “ragioni di fatto” che vanno sostenendo i promotori della moratoria sull’aborto, ad integrazione e complemento delle ragioni morali “non negoziabili”? Reggono al raffronto con i dati a cui chiunque può accedere via Internet, districandosi, senza alcuna pretesa di scientificità e completezza, in un oceano di stime, rilevazioni e “buchi”?
Affermazione numero uno: “Meno aborti si fanno, più bimbi nascono”. Se uno paragona la Russia e gli Stati Uniti (anno di riferimento: 2000) sembrerebbe proprio così: la Russia ha un tasso di abortività (numero di aborti su mille donne in età fertile) di due volte e mezzo superiore a quello statunitense (55 su mille contro 21,3 su mille) e un tasso di fecondità (numero di nati per donna in età fertile) pari a poco più della metà (1,25 contro 2,06). Le donne americane fanno meno aborti e anche più figli. Se questo rapporto segnasse una costante “naturale”, in Germania, dove il tasso di abortività è di 2 volte e mezzo inferiore a quello degli Stati Uniti (8 contro 21,3), il tasso di fecondità dovrebbe essere circa il doppio di quello americano. Invece, è di circa un terzo inferiore (1,38 contro 2,06 per donna). La stessa tendenza si registra anche nel paragone tra Stati Uniti e Olanda, che ha un tasso di abortività (7,1) 3 volte inferiore a quello degli States, con un tasso di fecondità anch’esso inferiore di un quinto (1,64). Ad usare spregiudicatamente (scorrettamente) questi dati si potrebbe giungere a sostenere tesi curiose, tipo “meno figli si fanno, più aborti si evitano”. Ma anche questa tesi (che ai fautori della moratoria non piacerebbe) non è fondata. La politica più efficace contro l’aborto non è affatto una politica “anti-natalista”, che come dimostra il risaputo esempio cinese (e, in Europa, l’esperienza dei paesi dell’ “ex est comunista” e della Russia) ha risvolti pesantemente abortisti.
Passiamo alla seconda affermazione “forte”. “L’aborto non si previene con la contraccezione, perché più si promuovono i contraccettivi più si tende ad usare l’aborto come contraccettivo”. In effetti, in Svezia, il tasso di abortività è doppio rispetto a quello italiano (18,3 contro 9,3), anche se di certo la contraccezione “artificiale” è socialmente più legittimata. In Olanda e in Finlandia, però, il tasso di abortività è inferiore a quello italiano, e quello di fecondità superiore (in Olanda molto superiore, di più di un terzo). Fanno meno aborti e più figli che in Italia, senza “maledire” i preservativi. Se poi uno torna a guardare alla Russia, i tassi di abortività sono altissimi, ma l’aborto è davvero usato come contraccettivo: presumibilmente, al posto dei contraccettivi, non accanto ai contraccettivi. Se contraccezione e aborti crescessero insieme, per conseguenza al crescere degli aborti dovrebbero sempre diminuire i nuovi nati. Però, se non è sempre vero che meno aborti significano più bambini, non è neppure vero che fare più aborti equivalga a fare meno figli. In Italia le residenti straniere hanno un tasso di abortività quattro volte superiore a quello delle italiane, ma hanno un tasso fecondità nettamente superiore a quella italiana (intorno ai 2 figli per donna). Questa non è peraltro una tendenza propria della sola “popolazione immigrata”. In Albania i numeri sono analoghi: il triplo degli aborti e il doppio dei figli rispetto all’Italia.
Giungiamo ora all’ultima affermazione: “Non è vero che la legge 194 ha ridotto gli aborti, che sono al contrario cresciuti in rapporto ai nuovi nati”. All’inizio degli anni 80 il tasso di fecondità italiana raggiungeva il livello 1,8 figli per donna. Da allora ad oggi è diminuito di circa un quarto, toccando il punto più basso nella seconda metà degli anni 90. Il tasso di abortività è invece diminuito del 43% rispetto al picco toccato all’inizio degli anni 80 e il rapporto di abortività (numero di aborti su 1000 nati vivi) si è ridotto del 36%: nel 1983 c’era più di un aborto ogni 3 nati, oggi meno di uno su 4. La tesi secondo cui in termini relativi (rispetto alle nascite) gli aborti sarebbe cresciuti dopo l’approvazione della 194 non può essere affatto provata. La si può avanzare sottostimando (cioè ponendo molto al sotto dei 200.000 l’anno) gli aborti clandestini pre-194. Peraltro, se pure nel 1978 gli aborti clandestini non avessero superato i 180-190.000 il rapporto di abortività sarebbe stato più alto di quello attestato nell’ultima relazione ministeriale per l’anno 2005. Inoltre, una stima così restrittiva contrasterebbe con quella (ripetutamente avanzata dal fronte “antiabortista”) di 330.000 aborti (230.000 legali e 100.000 clandestini) negli 1982-1983: non vi è infatti nessuna evidenza che dimostri che nel quiquennio 78-83 gli aborti in Italia siano quasi raddoppiati.
Cosa dimostrano gli accaniti tentativi di dimostrare che l’aborto come fenomeno di massa origina proprio dalla sua regolamentazione legale, dalla diffusione della contraccezione, e dalla legittimazione culturale della “procreazione responsabile”? Dimostrano, a mio modesto avviso, che al centro della campagna per la moratoria non sta lo scandalo dell’aborto, ma lo scandalo della maternità “consapevole” e quindi deviante, innaturale e “malata”. Per questo la politica dà i numeri e discute dell’aborto come se ad inventarlo fossero state le leggi che, in alcuni paesi, lo hanno depenalizzato.
Fonti:
www.ministerosalute.it/imgs/C_17_pubblicazioni_679_allegato.pdf
www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook
www.johnstonsarchive.net/policy/abortion
* Carmelo Palma (Torino, 1968), già consigliere regionale del Piemonte per il Partito Radicale, dirigente dei Riformatori Liberali, collabora con L’Opinione
12 risposte a “Sull’aborto, la politica non dia i numeri”
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Sono molto d’accordo col titolo. A tal proposito vorrei riportare un estratto interessante:
«Se l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con le sue cifre, ha ragione, oggi, 15 novembre 1974, abortiscono clandestinamente, saranno macellate moralmente e fisicamente 4.100 donne nella sola nostra amata Patria del diritto e della cattolicità. Se sono invece le compagne femministe a dare una valutazione esatta, la fabbrica d’angeli produrrà in questa bella giornata, per le pattumiere nazionali, 8.200 feti. Per ognuna di queste nostre ore 341 uteri saranno raschiati. Per ogni minuto che passa mentre scrivo, vi sono cinque di questi drammi; o tragedie.»
MP, Roma 15 novembre 1974
http://www.radicali.it/search_view.php?id=45378&lang=&cms=
Quindi, secondo MP-ONU: 4.100•365=1.496.500 (anche se il ’74 era bisestile), facciamo un milione e mezzo? Mah sì. Secondo MP-“compagne femministe”: 3.000.000. Tutti censiti, neh.
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Le varie “verità empiriche” non dimostrano in alcun modo la tesi “Per i sostenitori della moratoria lo scandalo non è l’aborto, ma la maternità consapevole”. E’ incredibile che nessuno di questi “loici” se ne accorga.
Viene scordata tra l’altro la verità empirica di uno stato francese superlaico che ha fortemente promosso educazione sessuale e contraccezione negli ultimi anni senza raggiungere una diminuzione importante degli aborti (è inutile specificare cifre e differenze ma la sostanza è questa).
Il problema dell’aborto è un problema morale e chi ha proposto questa moratoria non è per l’abrogazione della 194 ma per la sua completa applicazione e contro l’aborto non contro una legge che lo regoli.
Forse sarebbe l’occasione per cogliere laicamente la palla al balzo e partecipare positivamente alla campagna, anche sorvegliandone la reale laicità dei fini dato che come ogni proposta politica è a rischio strumentalizzazione. E’ inutile nascondersi dietro al dito delle verità empiriche.
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Martino, questo è un sito che fa dell’analisi empirica una base di discussione, non certo un feticcio. Quindi, l’analisi di dati empirici rappresenta per noi la migliore metodologia “laica” per fungere da base di discussione.
Lei parla di situazione francese, ma non indica uno straccio di fonte di dati, quindi che possiamo risponderle, che ha ragione?
Lei parla delle intenzioni dei proponenti della moratoria, dei quali tutti è evidentemente l’esegeta, ma anche questo non rileva, ai fini del nostro approccio, basato su dati empirici a supporto di una tesi. Né spiega in cosa dovrebbe consistere, operativamente, la “moratoria”, termine ambiguo e vacuamente propagandistico, a mio modesto avviso.
Certo, tutto è perfettibile, e ognuno di noi può auspicare miglioramenti che riducano ulteriormente il ricorso all’aborto. Ma dietro i dati empirici non ci si nasconde: al massimo, ci si nasconde dietro le opinioni, come la sua.
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Gentile MS,
questo sito farà anche dell’analisi empirica una base di discussione ma questo post prima di porsi empiriche ed interessanti domande afferma apoditticamente “Per i sostenitori della moratoria lo scandalo non è l’aborto, ma la maternità consapevole”. I dati empirici più sotto riportati non confortano in alcun modo l’OPINIONE (orrore!) riportata ed evidenziata in italico sotto al titolo che non viene ulteriormente discussa. Ho pensato bene di rimarcare la cosa, una pericolosa opinione si è infiltrata tra i vostri dati (una provocazione clericale?), spero provvediate al più presto alla rimozione!
Il caso francese è abbastanza noto, riporto solo a titolo di esempio http://www.ined.fr/fichier/t_publication/69/publi_pdf2_pop.and.soc.english.407.pdf
(le fornisco il link alla traduzione inglese, certo ).
Riguardo all’esegesi dei promotori della campagna antiaborto gli scritti sono tanti ma basterebbe citare il “pezzo facile” n. 4 nell’articolo che ha per primo chiarito il senso e i limiti della campagna da parte del suo promotore (ne ho trovato un estratto qui)
A proposito poi di fonti le faccio notare che il post intende confutare ““ragioni di fatto” che vanno sostenendo i promotori della moratoria sull’aborto”:
– “Meno aborti si fanno, più bimbi nascono”
– “L’aborto non si previene con la contraccezione, perché più si promuovono i contraccettivi più si tende ad usare l’aborto come contraccettivo”
– “Non è vero che la legge 194 ha ridotto gli aborti, che sono al contrario cresciuti in rapporto ai nuovi nati”
Non è indicata neanche una fonte che giustifichi l’attribuzione di queste “ragioni di fatto”.
Devo prendere questa attribuzione di “ragioni di fatto” come un giudizio di valore?
Sui numeri (anche quelli francesi) si potrebbe parlare a lungo ma ripeto (ed era questo il senso del mio intervento) non è questo il punto. Un laico, un liberale, dovrebbe avere in questo caso la lucidità di comprendere che il problema è morale piuttosto che snocciolare cifre
Spero mi perdonerà l’ironia che ho usato nei miei commenti, seguo il suo blog e questo sito da tempo e vi sono grato della quantità di informazioni e opinioni (già…) interessanti. E’ solo a partire da questa stima che mi sono permesso di commentare.
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La ringrazio per i link, soprattutto per quello al Foglio, che spiega meglio di mille tabelle fitte di numeri a cosa porti la confusione ideologica di alcune persone, e l’uso caricaturale che tali persone riescono a fare della propria intelligenza (if any). Si tratta di “indicazioni operative”, (sorvolando sul linguaggio millenaristico utilizzato e sulla commistione tra regimi autoritari asiatici e democrazie più o meno liberali d’Occidente), che portano ad un esito ben diverso da quello da lei preconizzato, e cioè alla messa fuorilegge dell’interruzione volontaria di gravidanza.Ciò premesso, le garantisco che continueremo a seguire laicamente il dibattito, avendo come obiettivo la salute della donna e la minimizzazione della pratica abortiva vista come forma di contraccezione, e giro i suoi rilievi all’autore dell’articolo.
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Mi spiace per lei ma quell’articolo (come altri) è molto chiaro riguardo alla messa fuori legge dell’interruzione di gravidanza: la campagna non punta a questo.
Una volta che si abbia avuto la bontà di accertare questa cosa (basta rileggere l’articolo con attenzione sorvolando realmente sul fastidio provocato dallo stile altrui) si può pensare di unirsi laicamente alla campagna, proprio per evitare sempre possibili derive verso altri approdi. E’ questa secondo me una occasione politica per i laici e i liberali e non una trappola, come viene istericamente vissuta.
La ringrazio per l’attenzione e spero che l’autore dell’articolo trovi il tempo per fornire le fonti delle sue affermazioni.
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Oltre che di stile (quello sarebbe il meno) è anche e soprattutto una questione di contenuti. Basta leggere quel testo, e confrontarlo con quello della legge 194.
Vietare le “politiche pubbliche antinataliste che utilizzano la soppressione violenta di esseri umani concepita come strumento di pianificazione familiare e di utilitarismo eugenetico transumano” significa, fuori di apocalittica metafora ferrariana (che continua, alla lettera, a descrivere la Cina e non l’Occidente), eliminare la legge 194. Con buona pace di vagheggiati articoli 3b, che dettano le eccezioni, finendo peraltro col tornare allo spirito della 194. E’ un’aporia, caro Martino.
La legge è ovviamente perfettibile, ed enormi sforzi devono essere portati avanti per informare e prevenire. Tutto il resto, quello che lei vede “chiaro”, sono fumisterie propagandistiche. Mi fermo qui, per non creare le tipiche ridondanze chiacchierecce da blog, che qui si ambisce ad eliminare, e lascio la parola all’autore dell’articolo, non prima di aver ricordato agli apocalittici (che di questo aspetto si disinteressano amabilmente) che il modo migliore di prevenire decisioni drammatiche come quella dell’aborto è anche quella di ridisegnare la società ed i suoi ritmi per agevolare la maternità, che non è solo quella legata alla fase prenatale, a meno di non considerare la donna solo un utero, s’intende. Qui la testimonianza di una donna e madre, rigorosamente credente. Vale la pena leggerla.
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Gentile MS,
sarebbe un’aporia se riguardasse l’abrogazione/non abrogazione di una legge. Ma non è così. Ha l’aspetto di una aporia perché è (può essere) una battaglia culturale e civile che puó avere sí esiti di legge ma per applicare compiutamente i (giusti) principi della 194 che potrebbero ben includere anche la ricerca di nuove soluzioni ai problemi evidenziati dalla lettera di cui riporta il link.
E qui, sperando che le rispettive posizioni siano sufficientemente chiare da non affibbiarmi l’epiteto di “apocalittico”, mi fermo anche io nella nostra discussione per evitare il chiacchericcio che lodevolmente tentate di evitare e che spero di non aver alimentato oltremisura.
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Mi si chiede di dar conto dell’opinione che chiude il mio pezzo sui “numeri dell’aborto”: opinione (che confermo) secondo cui nel mirino della campagna per la moratoria non vi sarebbe l’aborto, ma quella degenerazione morale, che sospendendo il legame naturale (cioè casuale) tra sesso e procreazione, snaturerebbe il significato della maternità e il ruolo sociale della famiglia. Che la posizione sia questa non lo dicono, ovviamente, i numeri, ma lo suggerisce l’uso che dei numeri fanno alcuni autorevoli promotori della moratoria. Che poi nella campagna sulla moratoria questa posizione sia ampiamente prevalente rispetto ad una posizione “semplicemente” anti-abortista mi pare abbastanza evidente visto che Foglio e Avvenire – che dettano, da par loro, il “tono che fa la musica”- non hanno rinunciato per un solo istante a “martellare” su questa degenerazione morale di cui l’aborto sarebbe “solo” la più efferata e dolorosa manifestazione. E Ferrara, giusto per essere chiaro e per non essere secondo a nessuno, ha associato a questa crociata per la vita una formidabile (e preventiva) campagna anti-divorzista.
Quanto al resto, non mi pare che occorra dimostrare come la pubblicistica catto-ateo-devota metta in relazione diretta, da decenni, aborto e denatalità e, da tempi più recenti, affermi la crescita in termini relativi o addirittura assoluti degli aborti per effetto dei provvedimenti di regolamentazione legale. Comunque, per una recente sintesi di queste posizioni in riferimento alla realtà italiana si veda: P.G Liverani, Un aborto ogni quattro neonati, Avvenire 05-01-08. Invece, rispetto alla tesi: “più contraccezione = più aborti” sul piano internazionale si veda tra l’altro E. Roccella e A. Morresi: Il legame tra contraccezione e aborto, Il Foglio 26-10-05.
In linea generale, da onesto relativista, “credo” fermamente alla cosiddetta “legge di Hume” e dunque sono d’accordo sul fatto che nessuna cifra e nessun fatto possa di per sé fondare una posizione morale: l’opposizione all’aborto ha giustificazioni oltremodo rispettabili e diverse da quelle che si possono desumere dai “risultati” di una legge. Questa è però un’altra ragione per ritenere che la “guerra dei numeri” sia funzionale ad altro. Non c’entra niente con la crociata per la vita sostenere, come fanno ad esempio Roccella e Morresi nell’articolo linkato, che vi sarebbe un “primato europeo” di aborti (che porrebbe il vecchio continente davanti a Cina, India e Vietnam) e dimostrare l’ipotesi ricorrendo all’indicatore che non misura la tendenza del ricorso all’aborto, cioè il tasso di abortività (aborti per 1000 donne), ma a quello che misura la relazione tra aborti e gravidanze: ma è onesto dire – anche in una logica anti-abortista – che se su 1000 donne ci sono 100 gravidanze e 10 aborti ovvero 500 gravidanze e 50 aborti in fondo è la stessa cosa, visto che il rapporto fra aborti e gravidanze è sempre di 1 a 10?
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