di Andrea Gilli
Alcuni giorni orsono, su Epistemes, si era parlato dei limiti strutturali che si frappongono ad una svolta radicale nella politica estera francese – svolta radicale che in molti si sono affrettati a prevedere con l’elezione di Sarkozy a Presidente della Repubblica. In quell’analisi si diceva, in breve, che la volontà del nuovo Presidente difficilmente potrà qualcosa contro alcuni poderosi ostacoli che si collocano tra le sue aspirazioni e le sue attuali possibilità di realizzarle. Nessuna predilezione da parte nostra verso l’uno o l’altro modello: solo la semplice constatazione di quanto difficile e complicato sia il mondo, e soprattutto quanto difficile sia cambiarlo.
Pochi giorni dopo, quell’analisi sembrava smentita dalla nomina a ministro degli Esteri, in parte inaspettata, di Bernard Kouchner – già presidente di Medici Senza Frontiere e da anni impegnato in campagne a favore dei diritti umani e dell’ingerenza umanitaria.
In Italia, dove la carta stampata confonde le parole con le prove, la retorica con i fatti, le intenzioni con le azioni, era già partito il ritornello di un nuovo Presidente che osava dove gli altri non osavano. Che avrebbe cambiato radicalmente la politica estera francese, e che avrebbe fatto dei diritti umani la sua nuova bandiera. Insomma: un Presidente che avrebbe preso l’eredità interventista di Bush, oramai sempre più ammaccato e isolato (non a caso, diremmo noi: ecco infatti cosa succede a chi non considera i limiti strutturali alla sua azione).
Tutto molto interessante. Ma tutto anche molto sbagliato. Basta leggere sul Le Monde di sabato le parole del neo-ministro. In breve, Kouchner era intento a difendere la propria scelta di uomo di sinistra di andare in un Governo di destra, dopo le critiche della sinistra francese. Ci si aspetterebbe di sentir parlare di diritti umani, giustizia internazionale, equità. No: per motivare la sua scelta, Kouchner ha scelto un’altra strada.
“La politica estera del nostro Paese non è di destra o di sinistra, ma difende gli interessi della Francia. Deve essere determinata e innovativa”.
A noi sembra abbastanza chiaro. Ovviamente una tale frase può essere interpretata in vari modi. Ci permettiamo però di sottolineare come non solo non parta da una visione cosmopolita (volta cioè al bene universale, di tutti: e quindi più in linea con il solco dell’interventismo umanitario in cui alcuni la vorrebbero collocare), ma da una netta visione comunitaria (volta a favore di quella sola comunità che la emana – la Francia), ma addirittura come giri attorno ad un solo, semplice e basilare concetto: quello dell’interesse della Francia.
Kouchner in altre parole dice ai suoi critici di non bacchettarlo in quanto il suo corso sarà quello dei suoi predecessori. Sottolinea come, al di là degli schieramenti, un ministro abbia dei compiti. E quelli di un ministro degli Esteri consistono nel servire gli interessi del suo Paese – cosa che spesso in troppi sono portati a dimenticare.
Se qualcuno non fosse ancora convinto, può sempre andare a riprendere la famosa frase di Lord Palmerston, che di fronte ai Comuni non ebbe dubbi:
“Great Britain has neither permanent enemies, nor permanent friends – has just permanent interests”.
Probabilmente anche Palmerston in cuor suo sperava in un mondo migliore, più giusto e più equo – chissa’, magari covava anche l’idea dell’ingerenza umanitaria. Ma all’atto pratico sapeva che la realtà dei fatti è ben diversa, e più dura, delle aspirazioni che ognuno serba nella propria mente. Kouchner non sembra molto distante. Forse ha capito subito quali sono le sue possibilità di azione. Forse non ha mai avuto alcun dubbio a proposito. O forse, più verosimilmente, molti avevano letto nella sua nomina quanto non c’era da leggere.
Vedremo presto se la Francia cambierà nettamente la sua politica estera o se invece le sue direttrici resteranno immutate. I due “test” (non solo per importanza politica, ma anche alla nostra ipotesi di base) sono rappresentati dal rapporto con gli Stati Uniti e dalla politica europea della Francia. Vedremo se ci sarà questo radicale cambiamento.
Per il momento basta rilevare un solo dato: l’elezione di Angela Merkel fu salutata con lo stesso entusiasmo con cui si sta guardando al successo di Sarkozy. Nuova politica atlantica, nuova concezione dell’Europa – questo era quanto ci si aspettava. Finora, l’unica vera mossa della Merkel è consistita nel procedere allo sviluppo di un sistema spaziale autonomo e indipendente, che mira a fare della Germania una vera Grande Potenza, a tutti gli effetti – non dunque un grande gesto di apertura verso l’UE e gli USA, soprattutto alla luce del fatto che questo era il sogno nel cassetto di Hitler.
Insomma, la Merkel, che come Sarkozy doveva cambiare le sorti del Vecchio Continente, sembra avergli dato un colpo micidiale. Vedremo se Sarkozy saprà mantenere nello stesso modo gli auspici che taluni hanno nei suoi confronti.
Scopri di più da Epistemes
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
I commenti sono chiusi.