Gettare benzina sul fuoco/2

di Andrea Asoni, Antonio Mele e Mario Seminerio

Poche ore fa è uscito su Epistemes.org un articolo che presenta una articolata critica alle recenti mosse del governo Prodi volte a calmierare il prezzo della benzina in Italia. Parte della critica riportava come fosse il peso eccessivo delle tasse a gravare sul prezzo della benzina in Italia, piuttosto che il prezzo industriale del carburante ed eventuali comportamenti oligopolistici (secondo calcoli effettuati qualche mese prima da noi).

Leggiamo ora che il ministero delle Finanze, per bocca del sottosegretario Alfiero Grandi, ribadisce che il “permanere di prezzi alti, come ormai noto [enfasi nostra], può essere attribuito, nella sostanza, principalmente all’esistenza in Italia, di un forte oligopolio petrolifero”. Si aggiunge inoltre che il Bel Paese non è il paese a tassazione più alta.

Poiché non ci piace ragionare per “fatti noti”, ma solo in base a dati certi, abbiamo rifatto i conti usando gli ultimi dati disponibili (Oil Bulletin, 2 luglio 2007).

Come si vede dai dati riportati nella seguente tabella [tabellaprezzi.pdf] il prezzo della benzina in Italia è superiore a quello straniero in 20 casi, e in ben 15 di essi la maggior parte della differenza (più del 69%) tra il prezzo italiano e quello straniero può essere attribuito all’eccessiva tassazione italiana (tali paesi sono evidenziati in grassetto). Solo in 5 casi il maggior prezzo pagato dagli italiani è attribuibile al maggiore prezzo industriale praticato dai distributori.

Inoltre, un recente studio di Nomisma Energia (esatto, proprio l’istituto di analisi economiche fondato dal Presidente del Consiglio e da Alessandro Bianchi), suggerisce come le differenze maggiori rispetto all’Unione Europea nel prezzo alla benzina siano da attribuire in grandissima parte (62%) a inefficienze che implicano maggiori costi e minori ricavi (quindi non da margini eccessivamente alti), quali la scarsa diffusione del self service puro, rigidità negli orari e nei turni e assenza del non-oil ai punti vendita. Su questi possono intervenire le compagnie stesse, e lo stesso governo potrebbe rendere maggiormente agevole alcune innovazioni nel settore. Lo studio inoltre ribadisce che la relazione del prezzo della benzina e del prezzo del greggio non è eccessivamente importante, poiché la benzina segue l’andamento dei prodotti finiti sul mercato internazionale. Il confronto quindi va fatto su tali dati:

“Le variazioni dei prezzi internazionali dei prodotti incidono solo sulla materia prima che pesa relativamente sul prezzo finale. Ad esempio su un prezzo alla pompa di 127 eurocent/litro ad aprile 2007, solo 39 eurocent rappresentano la materia prima, pari a poco più del 30% del prezzo finale. Pertanto una puntuale variazione del Platts del 10% da 39 euro cent a 35 euro cent, porterebbe ad una riduzione del prezzo alla pompa di circa 5 euro cent/lt (riduzione materia prima e IVA su materia prima), pari a neanche il 4%.

Il lavoro di Nomisma Energia presenta ulteriori spunti interessanti che lasciamo al lettore interessato, e che consigliamo anche al sottosegretario Grandi per avere una idea dei problemi in gioco.

La nostra posizione rimane dunque la stessa: se si vuole far scendere il prezzo della benzina in Italia si comincino a tagliare le tasse che gravano sul carburante. Una ulteriore liberalizzazione del settore e un incremento della competizione al suo interno sono sicuramente misure positive e auspicabili, ma da questi dati sembra evidente che i guadagni per i consumatori in termini di minor prezzo sarebbero minimi. “Richiamare all’ordine” i petrolieri è sbagliato in ogni caso.

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