Rendite finanziarie? Sono anche i risparmi di impiegati ed operai

di Benedetto Della Vedova* e Piercamillo Falasca

L’indagine biennale di Bankitalia sui bilanci delle famiglie italiane per il 2004 (ultima disponibile) evidenzia come ben il 36.7% delle attività finanziarie complessivamente detenute dalle famiglie sia nelle mani di famiglie con capofamiglia un lavoratore dipendente. Queste famiglie rappresentano sì il 46,4% del totale, ma posseggono, ad esempio, ben il 38,2% dei titoli di stato ed il 34% di azioni, fondi comuni e altri titoli.

L’obiezione secondo cui tali attività finanziarie sarebbero “appannaggio” dei lavoratori autonomi o dei dirigenti è priva di fondamento. Se è vero che le famiglie dei dirigenti, pur rappresentando il 4.1% del totale delle famiglie italiane, detengono l’8,5% delle attività finanziarie complessive delle famiglie, è altrettanto vero che le famiglie degli operai (21,6% del totale) ne posseggono quasi il 9% e quelle degli impiegati (20,7% del totale) 19.3%. Tra impiegati e operai, siamo poco sopra il 28% del totale, insomma.

Ancora più considerevole è la quota di attività finanziarie (il 36,6%) nei portafogli dalle famiglie dei pensionati e dei non occupati, i quali in totale rappresentano il 40,4% del totale delle famiglie italiane.

Attività speculative da tassare?

Buona parte delle attività finanziarie delle famiglie di dipendenti e pensionati hanno carattere previdenziale e non speculativo. Nel nostro paese il “terzo” pilastro è cresciuto nella assenza del “secondo”, i fondi pensione.

La quota di obbligazioni, di azioni e di fondi comuni nei portafogli delle famiglie italiane nel 2004 (dati Banca d’Italia) è stata del 52,2% del totale delle attività finanziarie, a fronte di un 36,7% dell’area euro e del 17,2% del Regno Unito, mentre la categoria “altre attività finanziarie”, nella quale i fondi pensione la fanno da padroni, rappresenta in Italia il 10%, nell’area euro il 30,2% (quindi molto di più non considerando l’effetto del dato italiano sulla media) ed in Gran Bretagna il 56% del totale.

Questa è una delle differenze di fondo che rende debole l’argomentazione sulla necessità di allineare le aliquote a quelle europee: dove ci sono i fondi pensione il risparmio devoluto all’acquisto di attività finanziarie può avere forse una funzione “speculativa”, da noi certamente no.

Tassare al 20% le attività finanziarie è un allineamento, non un aumento?

L’argomento si fonda principalmente sulla riduzione dal 27% al 20% dell’aliquota sui rendimenti dei conti correnti. Purtroppo, la sua incidenza è ormai quasi nulla, visto il livello molto basso dei tassi attivi sui conti correnti (la stragrande maggioranza dei depositi è su conti correnti ordinari).

Una simulazione poco attenta ma efficace

Abbiamo calcolato, ovviamente considerando dati aggregati riportati a valori medi, quanto potrebbe costare alle famiglie dei lavoratori dipendenti l’aumento della tassazione dei risparmi (le aliquote saliranno del 60%, dal 12.5 al 20%), in base a ipotesi di rendimenti lordi simili a quelli sperimentati negli anni passati.

Risparmio o aggravio annuo per il totale delle famiglie italiane

 

Valori assoluti* (mln di euro)

Ipotesi sul rendimento lordo

Vecchie aliquote

Nuove aliquote

Risparmio o aggravio per le famiglie (mln euro)

Depositi

794752

0,75%

27%

20%

556,33

Titoli obbligazionari

542934

3%

12,50%

20%

-1221,60

Fondi

270248

5%

12,50%

20%

-1013,43

Azioni

712610

3%

12,50%

20%

-1603,37

Estero

278459

3%

12,50%

20%

-626,53

Prodotti assicurativi

403185

4%

12,50%

20%

-1209,55

    

Totale

-5118,17

Fonte: Banca d’Italia, Relazione del Governatore della Banca d’Italia del 2006 (dati 2005) e Indagine sui Bilanci delle Famiglie Italiane del 2005 (dati 2004); l’ipotesi sul rendimento lordo è una semplice congettura.
* Ricchezza finanziaria in possesso delle famiglie italiane a fine 2004

 

Risparmio o aggravio totale per categoria professionale e per singola famiglia

 

Su depositi(mln euro)

Su titoli
(mln euro)

Su azioni e fondi (mln euro)

Totale
(mln euro)

Aggravio annuo
per singola famiglia
(in euro)

Totale dei lavoratori dipendenti

173,57

-466,65

-1522,89

-1815,97

-175,5

Famiglie impiegati

90,96

-228,44

-814,88

-952,36

-206,31

Famiglie operai

51,74

-90,4

-236

-274,66

-57,02

Totale dei lavoratori autonomi

85,12

-208,89

-1365,17

-1488,95

-505,83

Totale Pensionati

158,55

-547,28

-1831,56

-2220,29

-246,45

      
      
Fonte: Banca d’Italia, Relazione del Governatore della Banca d’Italia del 2006 (dati 2005) e Indagine sui Bilanci delle Famiglie Italiane del 2005 (dati 2004)

 

Totale famiglie: 22.300.000;

Famiglie con capofamiglia dipendente: 46,4% del totale delle famiglie italiane;

Famiglie con capofamiglia operaio: 20,7%;

Famiglie con capofamiglia impiegato: 21,60%;

Famiglie con capofamiglia autonomo: 13,2%;

Famiglie con capofamiglia pensionato: 40,4%.

Gli aggravi medi annui, come si vede, potrebbero arrivare a rappresentare una percentuale significativa dei benefici derivanti dalla rimodulazione di aliquote e scaglioni Irpef. Al di là delle medie, è chiaro che alcune famiglie di lavoratori dipendenti non verranno toccate, ma per moltissime famiglie i benefici sul fronte dell’Irpef verranno completamente azzerati dall’aggravio della tassazione del risparmio. Se consideriamo, ad esempio, la famiglia monoreddito di un impiegato con 28 mila euro, due figli a carico, con attività finanziarie pari alla media di quelle detenute dalle famiglie di impiegati, a fronte di un beneficio Irpef di 516 euro annui, potrebbe trovarsi con un saldo attivo di soli 310 euro annui. Nel caso il “nostro” impiegato fosse un single, a fronte di un beneficio Irpef di 60 euro annui, avremmo un saldo negativo di 146 euro. Se invece 28 mila euro fosse il reddito lordo di un pensionato senza carichi di famiglia, con attività finanziarie pari alla media di quelle detenute dai pensionati, il beneficio annuo Irpef di 83 euro verrebbe completamente assorbito da un aggravio di ben 246 euro causato dall’aumento dell’imposizione sui suoi risparmi. Il saldo negativo per le tasche del nostro pensionato sarebbe allora di 163 euro. Ci si potrà rispondere che le nostre ipotesi sono estreme (tassazione con la nuova aliquota di tutti i redditi da capitale, senza meccanismi di esenzione per scaglioni o tipologia) ma il testo della Delega Legislativa che il Parlamento si appresta a votare in favore del Governo parla semplicemente di “eventuali” misure compensative, non fissa alcun criterio preciso sulle modalità del passaggio al nuovo regime.

Di fondo, vi è la perplessità che una riforma fiscale di tali dimensioni venga affidata al Governo sulla base di una Delega eccessivamente generica.

*Benedetto Della Vedova (Sondrio, 1962) si è laureato presso l’Università Bocconi e svolge attività di economista ed editorialista. Attualmente è parlamentare e Presidente dei Riformatori Liberali.

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